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I risultati dell’OMS su carne rossa e conservata. Come comportarsi per il futuro?

 

Il “day after” a seguito della pubblicazione su Lancet dei risultati che il Gruppo di Lavoro dell’OMS ha ottenuto sull’impatto che la carne rossa e quella lavorata sulla salute, la domanda che più probabilmente circola nella mente dei consumatori è: “e adesso?”. Andiamo per gradi.

Cosa dicono i risultati
Lo studio, condotto da 22 scienziati provenienti da tutto il mondo presso l’International Agency for Research on Cancer (IARC) di Lione, ha incluso e rielaborato i risultati di decine di prestigiosi lavori precedenti. Questa summa ha portato, dopo anni di divergenze tra scuole di pensiero, a una conclusione netta come non mai.
In breve, il Gruppo di lavoro ha focalizzato la propria attività di studio su lavori riguardanti più popolazioni. Gli studi, hanno dimostrato nella maggior parte dei casi come vi sia una netta correlazione tra consumo di carne rossa (manzo, maiale, vitello, agnello, capra, montone, cavallo) e rischio di cancro al colon. Ben 7 su 14 studi a coorte effettuati su popolazioni europee hanno riscontrato tale correlazione e, su 18 lavori riguardanti popolazioni non solo europee ma anche americane e giapponesi, 12 sono arrivati alla stessa conclusione. Una metanalisi effettuata dal Gruppo di Lavoro dell’IARC ha evidenziato un vero e proprio fenomeno di correlazione dose-effetto con un 17% di rischio con un consumo di 100 grammi di carne rossa al giorno, 18% nel caso di consumo pari a 100 grammi di carne conservata. Oltre ai dati riguardanti l’insorgenza di cancro al colon, sono stati valutati anche quelli sulla relazione tra consumo di carne rossa altri tumori come quello alla prostata, mentre è stata riscontrata una relazione tra consumo di carne lavorata/conservata e cancro allo stomaco. Il Gruppo di Lavoro ha sottolineato nel rapporto come sia stata riscontrata una netta cancerogenicità della carne conservata. Per quanto riguarda la carne rossa, il Gruppo parla di una limitata evidenza.

Il punto della situazione
Bisogna distinguere tra le novità mediatiche e scientifiche. Nella comunità scientifica era già ben chiara la correlazione tra consumo di carne rossa e incidenza di cancro all’intestino. La vera novità consiste nella collocazione, da parte dell’OMS, dei prodotti come la carne lavorata/conservata all’interno del “Gruppo 1” delle sostanze cancerogene a cui appartengono tutte le sostanze dichiarate “sicuramente cancerogene”. La carne rossa, invece, è stata collocata nel “Gruppo 2A” a cui appartengono le sostanze “probabilmente cancerogene”.
Questa nuova classificazione deve mettere in guardia ma non creare il panico. La carne rossa, in quanto ricca di ferro, contribuisce molto ad un aumento dello stress ossidativo dell’organismo, condizione in cui si verifica la formazione di sostanze cancerogene come le Ammine Aromatiche Eterocicliche e le Nitrosammine nell’intestino. I processi di lavorazione delle carni quali, ad esempio, la cottura ad alte temperature, l’affumicatura, l’aggiunta di conservanti come nitriti e nitrati, sono alla base della formazione di altre sostanze cancerogene come gli Idrocarburi Policiclici Aromatici.

Il fatto che sia stata riscontrato un fenomeno dose-risposta può far intuire come molto del meccanismo cancerogenico dipenda dalla quantità di questi prodotti consumati al giorno. Se quindi è bene evitare i prodotti a base di carne conservata (es. salumi industriali) la carne rossa va limitata a non più di 500 grammi a settimana, corrispondenti a due bistecche.
Per quanto riguarda la cottura in ambito domestico, aggiungere alla carne spezie come salvia, rosmarino ecc riduce l’effetto negativo delle sostanze che si sviluppano per effetto delle alte temperature. Questo, unito a un consumo quantitativamente limitato, all’introduzione di carboidrati integrali, di legumi, verdura e frutta può sicuramente ridurre il rischio portato dalla carne rossa.

Altro particolare, del tutto mediatico, riguarda il paragone che sta emergendo tra il rischio accertato nella correlazione tra carni conservate e cancro e quello riguardante il tabacco. I due fenomeni, da un punto di vista epidemiologico, sono scarsamente paragonabili. Basti pensare che se nessuno fumasse, ogni anno ci sarebbe un milione di morti in meno di cancro ai polmoni. Se nessuno mangiasse carne, sia conservata che rossa, su base annua i morti in meno sarebbero centomila.

Giuseppe Amato

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Dr. Giuseppe Amato - Biologo Nutrizionista
dr.amatogiuseppe@gmail.com

Nel 2014 ho conseguito la Laurea in Biologia con lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Nell’ambito del percorso di studi ho scelto il curriculum specifico di Biologia della Nutrizione incentrando così la mia preparazione sulle principali discipline del campo tra cui fisiologia della nutrizione avanzata, nutrizione applicata, chimica degli alimenti, biochimica della nutrizione. Parallelamente al completamento del percorso di studi, ho conseguito il Perfezionamento in Nutrizione Ottimale che mi ha permesso di approfondire molti aspetti teorico-pratici della nutrizione applicata. Laureato e perfezionato, nello stesso anno ho ottenuto l’abilitazione all’esercizio della professione. Attualmente svolgo la professione di biologo nutrizionista in ambito privato senza tralasciare la mia passione per l'attività di divulgazione, di prevenzione e per il sociale.

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