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I capricci più comuni nei bambini: pappa, sonno e giochi…

Con i capricci i bambini vogliono comunicarci qualcosa: un sentimento, un’emozione che non riescono a gestire in altro modo, un disagio o anche un senso di colpa per aver combinato qualcosa. Occorre perciò mostrarsi sereni davanti ai capricci, che sono normali e fisiologici entro i 5/6 anni d’età e non dipendono necessariamente dallo stile educativo.

I capricci possono, infatti, essere la risposta, per lo più sana, alle regole educative imposte in famiglia oppure il modo di far fronte a difficoltà esterne, asilo o scuola.

Le cause principali possono essere: stanchezza, parte emozionale del sistema cognitivo ancora non matura, bisogni ti tipo psicologici.

Sicuramente ci troviamo davanti a un fenomeno relazionale, in quanto non esiste nessun bambino che fa i capricci da solo; questi nascono sempre nell’interazione con un adulto. Sicuramente è più funzionale un bambino che fa qualche capriccio, piuttosto che un bimbo solo, immobile e silenzioso, stordito davanti ad uno smartphone.

I tre capricci più comuni dei nostri bambini:

  • Non vuole mangiare!

Perché? Quale sarà la sua motivazione?

E’ essenziale innanzitutto capirne la motivazione: non ha più fame, preferisce andare a giocare, non gli piace per davvero, o potrebbe aver instaurato un rapporto difficoltoso con il cibo in seguito ad uno svezzamento forzato o tardivo …. o forse vuole semplicemente attenzione!

I bambini hanno bisogno di molte attenzioni, non perché viziati ma, forse, perché le attenzioni che ricevono sono poche e frettolose. Quindi può succedere che il momento del pranzo, così importante per mamma e per nonna, diventi un arma per ricevere tempo ed attenzioni.

Il comportamento alimentare dell’essere umano fin dalla nascita si struttura all’interno di una relazione: dal seno della mamma al cucchiaino, al pasto in famiglia. Per questo l’atto nutritivo è strettamente legato alla relazione affettiva. Cerchiamo sempre di rispettare la protesta ma giungendo ad un compromesso, è importante mediare e mai insistere. Inoltre è importante che anche mamma e papà si mostrino sereni durante il momento dei pasti. Infine, migliorare la qualità del tempo che passiamo con i nostri bambini potrebbe diminuire notevolmente la quantità di capricci a tavola, in quanto diminuirà la loro necessità di richiedere attenzione.

  • Si sveglia durante la notte e vuole dormire nel lettone!

Dormire nel lettone è il sogno di tutti i bambini, in quanto vedono realizzarsi la possibilità di stare vicino ai genitori e soprattutto osservano una funzionale pratica di diminuzione della propria ansia di separazione. Di fatto dormire nel lettone non è in assoluto nocivo per i grandi o per il bambino, ma d’altra parte non è nemmeno necessario. Potrebbe invece diventare negativo per il sonno di tutti, per la vita di coppia e per il raggiungimento di determinate autonomie del piccolo.

Al giorno d’oggi è diventata un’abitudine molto diffusa, quella di consentire ai propri figli di dormire nel “lettone” dei genitori. Tutto questo si verifica perché non si riesce a dire di “no”, oppure si ha il desiderio di farli sentire più protetti se non riescono a dormire, e magari sono spaventati da un temporale o da un forte rumore. Molto spesso, tuttavia, può accadere una situazione del genere quando i genitori non hanno voglia di alzarsi dal loro letto e per comodità consentono al bambino di mettersi accanto a loro.

Quindi, anche in questo caso diventa necessario analizzare le probabili motivazioni. Le difficoltà del sonno nei bambini possono essere molto diverse tra loro: la paura di essere escluso, il volersi assicurare il proprio posto, possono portare il bambino ad avere difficoltà nell’addormentarsi o a svegliarsi durante la notte, o anche potrebbero verificarsi situazioni stressanti in cui i bambini hanno reazioni molto simili a quelle degli adulti e, se sono troppo agitati per dormire, possono avere bisogno della presenza rassicurante del genitore.

Molto spesso, però, per alcuni genitori è molto difficile resistere al pianto e alle suppliche, che vengono interpretate come senso di solitudine e di esclusione: si tratta in realtà di un fisiologico e progressivo processo di individuazione e separazione, che il bambino deve essere messo in condizione di affrontare poco alla volta per crescere.  È importante aiutarlo in questo percorso, consolandolo quando piange di notte perché si sente solo, quando ha paura oppure quando ha fatto un brutto sogno, senza cedere alla stanchezza e alla tentazione di portarlo con noi nel lettone.

Inoltre non è da sottovalutare il fatto che il bambino fin da piccolo è estremamente ricettivo alle percezioni sensoriali e a tutto ciò che evoca sul piano delle emozioni. Ha sicuramente bisogno di una vicinanza corporea che gli comunichi affetto, tenerezza, entro però i limiti del pudore e del rispetto per l’intimità dell’altro.

Allora come dobbiamo comportarci…

Un  consiglio è quello di fare addormentare il bambino direttamente nella sua culla o nel suo letto, accarezzandolo e massaggiandolo dolcemente, in modo tale da farlo rilassare e conciliare il sonno. Si può anche ricorrere all’ausilio della musica, con l’utilizzo di qualche canzoncina adeguata o di una ninna nanna. Gli si può tenere la mano fino a quando non si appisola ma, comunque, è buona regola fargli comprendere che lui, anche se è in un’altra stanza, non è solo e non lo sarà mai. Un rituale che può aiutare il bambino a rimanere nel suo lettino e il genitore a non sentirsi in colpa per “abbandono”, è quello di raccontargli qualche breve storia o leggergli una favoletta. Naturalmente, il bambino deve scegliere quella che maggiormente preferisce e generalmente tenderà a chiedere sempre la stessa.

Se il bambino dovesse svegliarsi durante la notte e correre nel letto dei genitori, con tanta calma e dolcezza, è necessario riportarlo nel suo lettino, con lo stesso procedimento descritto in precedenza. Naturalmente, per fare tutto questo è richiesta una buona dose di pazienza e di forza di volontà, ma ci si deve rendere conto che successivamente servirà a far sentire il bimbo più indipendente ed autonomo in futuro. In linea di massima, dovrebbe essere sufficiente circa una settimana per farlo abituare a dormire nel suo letto. È indispensabile ricordare che quando si inizia a “svezzare” il bambino da questa sorta di dipendenza psicologica, è necessario essere fermi e non si deve tornare indietro. In caso contrario, infatti, si correrebbe il rischio di rinforzare il comportamento inadeguato e di invalidare quanto di buono è stato fatto fino a quel momento.

  • Me lo compri? Lo voglio!

Di fronte a un bimbo che in un negozio o al supermercato fa i capricci per un giocattolo, il genitore deve saper dire di no!

Il bambino urla, piange, si aggrappa o si  getta a terra perché vuole le sue caramelle preferite o, ancora,  si rifiuta di uscire da un negozio senza prima aver ottenuto il giocattolo desiderato: in questi casi è bene intervenire con fermezza senza ulteriori urla o scenate, per il bene del bambino. Il piccolo sa già che il suo capriccio di fronte a tante persone, ha più effetto  per cui aumentano le probabilità di ottenere ciò che vuole. Con le sue richieste, vuole tastare il terreno, capire fino a che punto può imporre la sua volontà all’adulto. C’è bisogno di una risposta decisa che ponga un freno a emozioni difficili da controllare anche per lui.  Ricordiamoci, infatti, che ai bambini non piace andare a fare spese, non piace stare costretti e fermi  per tanto tempo in un carrello, si annoiano. Allora, per limitare le proibizioni, ragionevoli per noi ma non per un bambino, è meglio ridurre le uscite inadatte ai più piccoli, quelle cioè prive di qualsiasi interesse per loro Molte mamme prima di uscire a fare la spesa con i loro bambini possiamo contrattano promettendo loro un regalo … attenzione, però, non bisogna mai farlo se già in partenza si è deciso di non acquistarlo.

Allora, cosa fare? Mantenere la calma. Spesso tendiamo ad assecondare i capricci dei nostri figli per evitare interminabili capricci ma la cosa migliore da fare sarebbe quella di “distribuire qualche no”, indipendentemente dalla reazione che ne deriverà.

E’ importante che i bambini si allenino a tollerare la frustrazione che deriva da un NO. Questo li renderà più forti e capaci di gestire gli imprevisti che la vita gli riserverà.

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Dott.ssa Marilena Palladino
Dott.ssa Marilena Palladino
palladino.marilena1@gmail.com

Laureata con lode in "Psicologia dei Processi Cognitivi e Recupero Funzionale" presso la Seconda Università degli studi di Napoli. Successivamente si è avvicinata al percorso formativo della scuola di specializzazione in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, approfondendo aspetti relativi alla psicopatologia generale e dell'età evolutiva, e ancora le tecniche di intervento psicoterapeutico cognitivo-comportamentali. Abilitata all'esercizio della professione di psicoterapeuta e iscritta al relativo Albo Professionale della regione Campania con numero progressivo 3784 in data 25/11/2008 ai sensi della Legge 18/2/89 ex art.7. Esercita la libera professione presso il proprio studio. Esperta in psicologia scolastica, svolge attività di consulenza rivolta a studenti nelle scuole primarie e secondarie.

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