21 Mag Linfadenopatia e linfadenite: differenze
I linfonodi sono piccoli organi a forma di fagiolo, facenti parte del sistema immunitario dell’organismo, composti da cellule tipicamente immunitarie, linfociti e macrofagi, che hanno il compito di distruggere il materiale nocivo in ingresso: per questo motivo i linfonodi sono deputati alla difesa dagli attacchi patogeni.
Questo compito è adempiuto grazie alla capacità di filtrare il liquido linfatico, o linfa, normalmente circolante nell’organismo, permettendo una vera “ripulita“ da elementi o microrganismi infettivi, da cellule danneggiate o cancerose, così raccolte e distrutte prima che, tramite circolo venoso, arrivino a tutte le altre parti del corpo.
Questi organi si trovano lungo il corpo ma in particolari raggruppamenti, come quelli posti sotto la pelle del collo, del mento, delle ascelle e dell’inguine dove in maniera “sede-specifica” drenano la linfa.
Quando un organismo si trova a dover affrontare un insulto da agente esterno, qualunque esso sia, i linfonodi si ingrossano, potranno essere facilmente visibili nelle zone dove la pelle è più sottile, quali collo o inguine, e danno vita ad una manifestazione di rigonfiamento definita linfadenopatia. L’ingrossamento può essere localizzato, quando è presente solo in un’unica zona del corpo, o generalizzato, quando è presente in più di due zone del corpo.
Se, invece, si parla di linfadenite allora ci si riferisce al processo flogistico, infiammatorio, e dolente in una o più aree dell’organismo.
Il trattamento della linfadenite dipende dalla causa che, in genere, è infettiva ma può essere anche derivante dalla presenza di un tumore. Non è detto, però, che laddove vi sia linfadenopatia vi sia una situazione tragica: nei bambini, ad esempio, spesso si registra un fisiologico aumento di dimensioni dei linfonodi. Il processo linfoadenopatico è considerato normale per quelle persone che svolgono lavori manuali per le quali l’ingrossamento delle dimensioni dei linfonodi si evidenzia, il più delle volte, a livello inguinale ed ascellare.
La linfoadenopatia benigna, cioè fisiologica, può poi evolvere in una forma pericolosa, e quindi patologica, oltrepassando un sottile limite: quando l’ingrossamento, e dunque l’infiammazione, passano da una zona corticale, parte più esterna del linfonodo, ad una centrale e germinativa, allora si giunge ad una condizione maligna in cui l’organo non è più capace di sostenere le attività che è chiamato a svolgere e le infezioni possono prendere il sopravvento. Ciò accade spesso nei paziente affetti da AIDS, da malattie immunosoppressive varie o da leucemia.
Per poter discernere le due forme di linfoadenopatie, benigna o patologica, è necessaria una diagnosi per mezzo di TC, RMN seppur meno specifica rispetto alla precedente per questa patologia, o una linfografia, una tecnica dotata di elevata specificità e sensibilità, che rileva in vivo le alterazioni dimensionali e strutturali dei linfociti.
È quindi assolutamente indispensabile che il soggetto con evidente ingrossamento a livello dei linfonodi si rivolga al medico il prima possibile per accertare l’assenza di patologie gravi; anche se la linfoadenopatia, in molti casi, è segno di manifestazioni innocue, non va sottovalutata.
Infine, dopo accertamento medico e a seconda dell’origine del processo, potrà adattarsi la terapia più appropriata.
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