25 Lug Colonscopia virtuale VS colonscopia tradizionale
In Italia lo screening per la diagnosi precoce del tumore al colon prevede l’invito ogni due anni di tutti i cittadini, fra i 50 e i 70 anni, a effettuare gratuitamente il Sof, un esame semplicissimo: si raccoglie un campione di feci, lo si consegna alla farmacia più vicina e si riceve l’esito a casa per posta; in caso di test positivo si viene convocati per una colonscopia che possa chiarire meglio le anomalie rilevate. Eppure, secondo i dati dell’Osservatorio nazionale su uno screening del 2010, meno di un italiano su tre, fra i riceventi l’invito, effettua il test. È, dunque, una problematica molto sottovalutata,uno spreco dato che la diagnosi precoce consente la guarigione in circa il 60% dei pazienti, mentre le cose si complicano molto quando la malattia viene scoperta in fase avanzata. Il Sof, però, rivela lesioni tumorali già in corso e la speranza è quella di coglierle (ripetendo il test ogni due anni) quando sono ancora allo stadio iniziale. Di norma, si consiglia una colonscopia dopo i 50 anni (da ripetere dopo dieci anni se non emergono problemi) perché è un test che individua molte lesioni precancerose. Nel caso sia presente una familiarità di primo grado (genitori e/o fratelli) il rischio è maggiore, per cui è consigliabile eseguire direttamente la colonscopia invece del Sof. L’avversione nei confronti della colonscopia tradizionale è motivata soprattutto dal timore del dolore (si esplora l’intestino attraverso un tubo flessibile introdotto per via anale), che però viene ben tollerato se è prevista una leggera sedazione che consente di non sentire dolore per la durata dell’esame (in media circa mezz’ora). In alternativa può scegliersi il metodo di colonscopia virtuale, il quale prevede l’utilizzo di raggi X ed è utile per la diagnostica del grosso intestino (colon). Con la tecnica virtuale il problema del dolore non si pone. La parte più fastidiosa dell’esame è la preparazione (comune a entrambi i metodi) che prevede di bere, il giorno precedente il test, circa 3 o 4 litri di liquidi che causano diarrea, indispensabile per “pulire” l’intestino in modo che le sue pareti siano meglio visibili. Insomma, i vantaggi della colonscopia virtuale sono limitati al fatto che non viene introdotto l’endoscopio nel retto, ma serve sempre una preparazione, seppur più leggera, e l’accuratezza è leggermente minore. Il paziente deve posizionarsi su un lettino connesso ad uno scan (TAC), in decubito laterale sinistro. Viene quindi inserita nel retto una cannula flessibile, con successiva insufflazione di aria (o anidride carbonica) per distendere il colon e renderne più agevole la visione radiologica, dopo di ché il paziente viene invitato ad assumere la posizione supina. A differenza della colonscopia tradizionale la VC (colonscopia virtuale) può visualizzare il colon, ricostruito tridimensionalmente, da diverse angolazioni; inoltre non richiede sedazione, di solito il paziente, subito dopo l’esame, torna alle proprie normali attività. La VC, attraverso le scansioni TC, coinvolge tutta la zona addominale e pelvica, potendo così rilevare patologie non correlate esclusivamente al colon, come ad esempio un aneurisma dell’aorta addominale o una neoplasia in organi addominali (rene, fegato, pancreas, milza).
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