18 Apr Nutrizionista a tavola: il racconto di una cena Etiope
La settimana scorsa sono stata invitata in un locale che proponeva una cena etiope. La cosa mi ha incuriosita non poco e la mia deformazione professionale mi ha spinta a studiare le proprietà nutrizionali del menù e ho pensato di condividere con voi il tutto.
La serata si è aperta con il pane Injera a base di farina di teff a fermentazione acido batterica senza lievito.
Il Teff o Estate lovegrass o Eragrostis TEF è un antico cereale conosciuto solo in Etiopia fino a poco tempo fa. Il suo nome deriva dalla parola amarico “teffa” (perdita) ad indicare la sua facilità nell’essere disperso in quanto esso è il più piccolo cereale esistente (misura 1,5 mm di lunghezza e 1 mm di diametro). Poiché questo grano è così piccolo da non poter essere mondato o trasformato in alcun modo, la farina contiene ogni parte del suo seme tra cui la crusca, le angiosperme e il germe che ha la più alta quantità di fibra tra i cereali ed è per questo anche integrale. Esistono in natura 4 tipi principali di Teff, ma le più diffuse sono due tipologie: Teff bianco, più costoso e pregiato, e Teff rosso, più scuro con una maggiore consistenza aromatica e dal gusto più intenso.
Dal punto di vista nutrizionale ha il pregio di essere un cereale naturalmente privo di glutine. Contiene il 14% delle proteine tra cui ben 8 amminoacidi essenziali. Detiene il primato per il maggior contenuto di minerali di ferro, calcio, fosforo e vitamine (in particolare ha una maggior quota di vitamina B1 rispetto a orzo, frumento e altri cereali). E’ uno dei cereali più nutrienti e digeribili al mondo, stimola la flora del colon ed è considerato un grande deterrente per il diabete. Per il suo contenuto in fibre, ferro (nella forma maggiormente assimilabile) e digeribilità è idoneo per sportivi e bambini.
Il pane Injera è stato accompagnato dal Doro wot, ossia del pollo cotto in umido con uova e cardamomo nero. Wot, infatti, è il termine etiope per indicare uno spezzatino piccante e speziato che si accompagna alle profumatissime sfoglie di injera usato “come forchetta” nel senso che il piatto viene composto con una sfoglia di injera su cui viene adagiato lo spezzatino che si mangia prendendolo con parte dell’injera, direttamente con le mani. Si usa mangiare tutti nello stesso grande piatto, come da tradizione, ed è un’esperienza molto bella!
Molto importante è la presenza del cardamomo nero, spezia stimolante e carminativa, usata per lo più nella medicina tradizionale cinese, indiana e iraniana contro la cattiva digestione e alcune forme di dissenteria. E’ aromatizzante ed esalta i sapori sia dolci sia amari. Il profumo che emana è intenso ed è talmente piacevole che viene usato anche per profumare l’alito cattivo. La capsula esterna è usata contro il mal di testa e l’infuso delle capsule intere pare che sia un ottimo febbrifugo. Una curiosità: è usato anche come antidoto contro il morso degli scorpioni e di alcuni serpenti.
A seguire Zighinì, il piatto nazionale tra i più conosciuti della cucina eritrea, somala e etiope: uno spezzatino di carne o pesce piccante cotto in un intingolo di burro, cipolla, pomodoro e berberè. La variante a me servita era lo stufato di manzo al berberè, sempre su “letto” di sfoglia di Injera.
Il berberè è una miscela di spezie composta da peperoncino, coriandolo, chiodi di garofano, cardamomo nero, ajowan (o sedano di montagna dal sapore di timo, ma intenso e piccante), pimento, pepe nero, fieno greco, zenzero e cannella.
Anche la portata Allichià, una zuppa di verza, patate e cavolo nero è stata insaporita con curcuma e berberè.
A seguire Scirò, una deliziosa polentina di ceci.
Per finire sweets e caffè etiope. Quest’ultimo viene preparato utilizzando chicchi verdi di caffè tostati al momento e poi pestati in un mortaio per ottenere la polvere che viene aggiunta ad acqua bollente e portando tutto a bollore si ottiene il caffè. Quest’ultimo viene infine servito in tazzine senza manico con aggiunta di zucchero e di un ramoscello di ruta.
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