19 Nov Caffè: da sorvegliato speciale a elisir di lunga vita
Coffee’s back! Sembra questa l’esclamazione che emerge dall’ottimismo degli autori dello studio che ne ha valutato l’impatto sulla nostra salute.
I ricercatori hanno basato la loro analisi su tre lavori ancora in corso. Si tratta dei risultati registrati dalle analisi sulle 74.890 donne del Nurses’ Health Study, sulle 93.054 donne del Nurses’ Health Study 2 e sui 40.557 uomini del Health Professionals Follow-up Study. Ogni quattro anni sono state esaminate le abitudini riguardanti il consumo di caffè di queste persone. La raccolta dei dati è avvenuta mediante appositi questionari validati, monitorando i partecipanti per un lasso di tempo che in alcuni casi si è esteso anche fino a trent’anni. Per affinare il metodo di monitoraggio e di analisi dei dati, i ricercatori hanno separato i partecipanti che non hanno mai fumato dalla restante parte. In tal modo è stato possibile evidenziare come il caffè possa avere un effetto ancor più protettivo in questi soggetti. Il set di abitudini del consumatore medio di caffè è stato suddiviso anche in base alla dieta, all’indice di massa corporea, all’attività fisica e al consumo di alcol. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, lo studio ha evidenziato come i consumatori di caffè tendano a ridurre l’apporto di bevande alcoliche.
Il professore di Nutrizione ed Epidemiologia ad Harvard Frank Hu, tra i più autorevoli autori dello studio, commenta i risultati affermando che “Una dieta bilanciata e salutare dovrebbe dunque includere anche un consumo regolare di caffè. Naturalmente categorie di soggetti quali donne incinte e bambini dovrebbero fare molta attenzione all’assunzione di caffeina, sia dal caffè che da altre bevande”.
I ricercatori ipotizzano che non sia la caffeina in sé ad apportare questo effetto protettivo ma altre sostanze contenute nel chicco di caffè. Questo spiega perché gli stessi effetti positivi sono stati evidenziati sia col consumo del caffè classico che con quello di caffè decaffeinato. Lo studio mette in risalto, inoltre, come il caffè possa apportare effetti positivi nella prevenzione di alcune patologie come diabete tipo II, morbo di Parkinson e malattie cardiovascolari. Su questo aspetto però gli autori si mostrano cauti. Lo studio, infatti, ha registrato questi effetti benefici da un punto di vista “squisitamente epidemiologico” mentre i meccanismi molecolari alla base non sono ancora noti. Infine, gli autori confermano le raccomandazioni di autorevoli linee guida quali quelle contenute nel “2015 Dietary Guidelines Advisory Report” che assesta il consumo ideale della bevanda più bevuta al mondo dopo l’acqua tra le tre e le cinque tazzine al giorno. L’Università di Harvard ha pubblicato di recente un video che sintetizza in maniera estremamente fruibile tutti i principali risultati dello studio del Prof. Hu.
Non ci resta che domandarci: “pausa caffè?”
Giuseppe Amato
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