13 Set Quanto pescato che mangiamo è italiano?
Dalle vongole e gamberetti cinesi trattati con antibiotici vietati in Europa al pangasio del Mekong spacciato per cernia fino al filetto di brosme venduto come baccalà, è sempre più chiaro come il settore ittico sia tra i più attaccati dai meccanismi di frode internazionali. L’attenzione sulla questione è mantenuta elevata dalla Coldiretti che in occasione dell’incontro “Le frodi: dal mare alla tavola” ha trattato ampiamente l’argomento. Nonostante si stia lavorando in sede Europea per la ristrutturazione delle etichette i frodatori riescono sempre di più a piazzare la loro merce sia sul banco vendita che all’interno delle strutture di ristorazione.
Dalla lettura dei dati si apprende che nel 2014 sono circa settecento milioni i chili di merce ittica importata, con un aumento del 4% rispetto all’anno precedente. I consigli per i consumatori restano sempre gli stessi. Per evitare pesce importato è preferibile l’acquisto dai pescatori unito ad una attenta lettura delle etichette per quanto riguarda il pesce acquistato dai canali di distribuzione più grandi. Fortunatamente, a livello comunitario sono varie le novità che stanno facendo breccia nel mondo dei consumatori. Tra queste, l’obbligo di fornire la data di congelamento insieme all’eventuale data di “decongelamento”. Inoltre, cosa che non tutti sanno, diviene obbligatorio indicare in etichetta la dicitura “pesce ricomposto” per quei prodotti che sembrano un unico pezzo ma che in realtà derivano da più parti di pesci diversi trattati con additivi ed enzimi.
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